lunedì 20 maggio 2013


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uccede sempre più di rado di imbattersi in libri che sappiano unire nel modo più lineare ed efficace poesia e arte nel concetto che prevede l’esecuzione di un libro d’artista. Se pensiamo al libro d’artista come a una simbiosi fra parola scritta come espressione di un pensiero più frequentemente prodotto mediante il mezzo poetico e raffigurazione artistica prevalentemente comunicata mediante l’illustrazione, allora la ricerca diventa ostica e non priva di ostacoli. Riteniamo però che l’opera che presentiamo in questo post sia un’ottima manifestazione di questa espressione artistica e che riesce a offrire al lettore un perfetto equilibrio tra parola e immagine, con una cadenza alternata fra concetti scritti e concetti figurati tale da permettere la riflessione, il pensiero e il sogno rispettando quei canoni grafici e tipografici prettamente tipici dei grandi stampatori del passato che davano il giusto peso alla disposizione del testo e delle illustrazioni sul foglio. Fortunatamente questa tradizione non è andata perduta e ancora nel Novecento – e in taluni casi anche ai nostri giorni – alcuni impavidi tipografi hanno continuato a rispettare la lettura e il lettore perseguendo questi obiettivi.

Per comprendere meglio l’importanza di questo binomio il cui risultato è un magnifico libro d’artista, offriamo un breve sunto delle esperienze dei due protagonisti.

 

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assimo Campigli, pittore italiano di origini fiorentine nato nel 1895, comincia a dipingere gettandosi a capofitto nella ricerca post-cubista e dimostrando un particolare interesse verso le forme arcaiche e verso l’arte primitiva. Verso gli anni Trenta avvicina l’arte etrusca grazie a una visita alla mostra al museo di Villa Giulia e inizia un cammino che ben presto lo porta ad acquisire fama europea con la propria personale alla Galleria Boucher di Parigi nel 1929. Di lui si ricordano anche opere di decorazione murale come la Sala del Trono della Triennale di Milano eseguita nel 1933 insieme ad altri pittori quali Sironi e De Chirico oppure come quella presso il Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra nel 1937 (cfr. La nuova enciclopedia dell’arte Garzanti, Milano : Garzanti, 1991, pp. 153-154).

 

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o scrittore tarantino Raffaele Carrieri nasce dieci anni dopo Campigli, nel 1905, e dimostra subito una grande irrequietezza d’animo. Innumerevoli le sue attività iniziali che lo portano addirittura ad aderire all’impresa fiumana di D’Annunzio. Durante uno dei suoi viaggi a Parigi, avvicina il mondo della pittura e stringe relazioni d’amicizia con molti artisti delle avanguardie. Inizia così a scrivere poesie ispirate e influenzate dai poeti che incontra a Parigi, pur mantenendo un tono autobiografico di fondo che non abbandonerà mai nella sua produzione (cfr. Dizionario generale degli autori contemporanei, Firenze : Vallecchi, 1974, I, p. 271).

 

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e 10 litografie originali colorate a mano sotto la direzione di Massimo Campigli si sposano alla perfezione alle parole di Raffaele Carrieri, scrittore sopraffino che dedica molta della sua attività letteraria all’arte e alla critica d’arte. Il risultato di questa comunanza d’intenti artistica viene celebrata poi da una legatura in mezza tela di Torriani, uno degli artigiani più preparati e rinomati del Novecento italiano. Verrebbe da dire che in quest’opera Saxa loquuntur (i sassi parlano), esattamente come lo stemma della litografia propone come proprio motto.

 

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recisiamo innanzitutto il significato del termine “litografie originali” prendendo a prestito per l’occasione le parole di Alessandro Gusmano: «Quando un artista realizza ex novo un dispositivo atto a stampare, detto forma o matrice, si ottengono “stampe originali”. Sono tali per antonomasia le opere prodotte da un incisore d’invenzione, che prepara personalmente la forma da stampa recante il proprio elaborato artistico. In sintesi, le stampe d’arte “originali” sono tratte da matrici realizzate ad hoc, con procedimenti manuali, dall’autore. La successiva stampa delle medesime è sempre ottenuta con mezzi meccanici manuali […]. Questa procedura genera piccole o minime diversità tra le varie copie che costituiscono la tiratura, sovente non evidenziabili a occhio nudo, ma che rendono ciascuna copia un esemplare originale, differenziando percettibilmente i fogli stampati» in A. Gusmano, Stampe. Premesse necessarie, in “Charta”, n. 127, maggio-giugno 2013, p. 16. Le illuminanti parole dell’autore di questo articolo evidenziano quindi che ogni copia sarà un unicum diverso da ogni altro esemplare che lo precede o che lo segue e questo è possibile grazie all’intervento umano che differenzia ogni stampa con la propria impronta che sarà dato da un intaglio differente, da una maggiore o minore pressione del torchio.

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eniamo ora a fornire una descrizione più estesa anche se per forza di cose sempre incompleta, del termine “litografia” – la cui invenzione pare risalire alla fine del Settecento per mano di Aloisio Senefelder e che fu introdotta in Italia a partire dal 1807 dall’editore milanese di origini trentine Giuseppe De Werz che conia il termine poliautografia – e per farlo ci avvaliamo dell’ausilio di un maestro dell’arte incisoria del Novecento: Luigi Servolini, autore fra le altre cose di un importante manuale per i praticanti incisori: «Col nome di litografia s’indica […] il procedimento secondo il quale uno scritto o un disegno eseguito su pietra con apposito inchiostro grasso può essere impresso in più esemplari su carta. […] In litografia il disegno assume un sapore tutto proprio […]. Ideale sarebbe che l’artista, conoscitore consumato della materia […] e dei mezzi tecnici a lei adatti, pervenisse ad eseguire sulla pietra medesima, direttamente e senza, o quasi, disegni preparatori, la sua opera […]» in L. Servolini, L’arte di incidere. Manuale pratico per apprendere. Terza edizione riveduta e ampliata, Torino : Lavagnolo, 1971, p. 85. Riguardo la tiratura di esemplari con litografie, Stefano Liberati ricorda che «la tiratura di stampe realizzate con il metodo della litografia può essere numerosa, ma poiché il lavoro è estremamente lungo e complesso, non è mai stata praticata con frequenza» in S. Liberati, La stampa d’arte. Guida al riconoscimento, all’attribuzione e alla valutazione, Roma : Palombi, 2005, pp. 118-119.

 

Qui di seguito la scheda che Vi invitiamo a visionare. Per informazioni, si prega di voler inviare un commento al presente post o di contattarci ai consueti recapiti.

 


Carrieri, Raffaele

Lamento del gabelliere. Nota di Carlo Bo. Litografie originali di Massimo Campigli.

Milano : Toninelli, 1945.

In-4°, pp. 141 stampate solo al recto con 10 lit. orig. col. a mano di Campigli n.t. di cui 3 a doppia pag. + pp. (4). Leg. edit. mz. tl. avorio di Torriani con tit. granata al ds., piatti in cartone bianco con tit. granata al piatto, marca edit. alla 1^ c.b., tit. bordeaux al frontespizio, privo di camicia e cofanetto edit. Minimi strappetti al piede del ds., lievi ingialliture ai piatti.

Collana “La rosa dei venti”, n. 1.

Di questa edizione sono stati tirati 250 esemplari di cui 8 fuori commercio contrassegnati dalle lettere A-B-C-D-E-F-G-H, 4 contrassegnati dalle lettere I-J-K-L con un disegno originale dell’artista, 9 contrassegnati dalle lettere M-N-O-P-Q-R-S-T-U con una litografia originale colorata dall’artista, 100 numerate da 1 a 100 con litografie colorate a mano sotto la direzione dell’artista (ns. 60), 129 numerate da 101 a 229 con litografie in nero. Le litografie sono state stampate a mano sui torchi di Piero Fornasetti nell’ottobre 1945 e le pietre litografiche a tiratura ultimata sono state levigate.

1^ edizione (cfr. Gambetti-Vezzosi "La letteratura italiana del Novecento. Repertorio delle prime edizioni", p. 112). Edizione non comune e ricercatissima (cfr. Gambetti-Vezzosi "Rarità bibliografiche del Novecento italiano. Repertorio delle edizioni originali", p. 188). Non presente in Jentsch, Libri d’artista italiani del Novecento.

 € 3.500,00

Pages printed on recto with 10 original hand-coloured lithographies under direction of Campigli, 3 of which double page.

Edition ivory half-cloth binding by Torriani with red title on the spine, white paperboard flats with red title on front board, printer’s device on front fly, red title on title-page, chemise and slipcase missing. Crowns slightly rubbed, foxing on boards.

Edition in 250 numbered copies, 8 of which out of commerce with letters A to H, 4 with letters I to L with 1 original drawing by Campigli, 9 with letters M to U with 1 original lithography coloured by the Artist, 100 numbered from 1 to 100 with hand-coloured litographies under the direction of the Artist (our copy no. 60), 129 numbered from 101 to 229 with black litographies. Litographies are hand-printed by Fornasetti on October 1945, and litographical stones were smoothed after printing.

1st rare edition.

lunedì 6 maggio 2013


GIOVENALE TRADOTTO DAL LATINO

 

 

L

’opera di cui vogliamo parlarvi in questo post fa parte dell’alta bibliofilia sia per quel che riguarda l’Autore sia per quel che riguarda lo stampatore che ha fatto gemere i torchi per dare alla luce questa edizione. Cominciamo con il fornire qualche notizia seppur breve sulla vita e l’attività letteraria del poeta latino Giovenale.

 


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’amore per la poesia lo anima sin dalla giovinezza. Ma anche il suo carattere ribelle e di protesta nei confronti dell’imperatore Nerone e della sua politica di spettacoli, ben presto gli costerà l’allontanamento da Roma per mano però di Domiziano, sobillato in questo da Paride. Con la scusa che la sua presenza era necessaria per dirigere una guarnigione di Cavalleria, viene spedito in Africa alla tenera età di 80 anni! Ma la forza d’animo di quest’uomo – vero guerriero della parola e della vita – gli permette di sopravvivere a questo atto di derisione di cui era stato oggetto da parte del suo stesso popolo. Qualche tempo dopo torna in patria dove vive fino ai tempi di Traiano.

Di Giovenale ci sono state tramandate sedici satire dallo stile aspro e veemente. Secondo il Nouveau dictionnaire historique-portatif ou Histoire abrégée de tous les hommes qui se sont fait un nom par des Talens, des Vertus, des Forfaits, des Erreurs, &c. &c., Amsterdam : chez Marc-Michel Rey, 1766, II, p. 587, «une des meilleures éditions de Juvenal est celle d’Utrech en 1685, in-4° par Henninius. M. Philippe en donna une fort jolie en 1746, à Paris chez Barbou».


 

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al punto di vista bibliografico e della bibliofilia, l’attenzione cade però sullo stampatore, vera stella del tempo nel proprio campo – se si può utilizzare questo termine nel settore dei libri antichi! Consultando il catalogo EDIT16, l’opera risulterebbe stampata a Toscolano Maderno tra il 1527 e il 1533 dal tipografo Alessandro Paganini. Figlio d’arte del celebre Paganino che diede alle stampe una famosa edizione del Corano purtroppo andata distrutta, con lui cura anche una serie di opere in piccolo formato con particolare interesse verso la letteratura classica greca e latina. I torchi di questa famiglia che si stabilisce a Toscolano a partire dal 1517, hanno regalato due importanti edizioni in-24° della Divina Commedia, più comunemente note come “Dantini”. Non meno celebri sono le edizioni del Pacioli e il Vergerio. Dell’attività individuale di Alessandro si ha notizia certa solo per il periodo che intercorre tra il 1509 e il 1538, anno della morte del padre avvenuta a Cecina. Fino al 1517 vive a Venezia grazie ai proventi della propria bottega di libraio, poi di una cartiera che mantenne a lungo a Toscolano Maderno (cfr. G. Zigaina, Manuale di bibliofilia, Milano : Mursia, 1988, pp. 60-61). Ad Alessandro Paganini viene attribuita comunemente «l’invenzione di un bel carattere minuto corsivo, serrato, assai elegante» e viene ricordato ancora oggi per «edizioni […] ricercatissime per la preziosità delle silografie, per la bellezza dei tipi, per l’accuratezza del tutto insieme» (in G.I. Arneudo, Dizionario esegetico tecnico-storico per le arti grafiche con speciale riguardo alla tipografia, Torino : R. Scuola Tipografia e di Arti Affini, 1925, III, p. 1649).

 

 

 

 

Iuvenalis, Decimus Iunius

Iuvenal tradotto di la/tino in volgar lingua / per Giorgio Summa/ripa veronese, / novamente im/presso.

[Toscolano] : P. Alex. Pag. Benacenses. F. Bena. V.V., ca 1527-1533.

In-8° antico, cc. [128].

Segnatura: a-q8.

Leg. p. pergamena con tit. oro impresso entro cornice impressa in oro su tass. in pl. rossa appl. entro scomparto al ds., nome dell’A. in oro impresso entro cornice impressa in oro su tass. in pl. verde appl. entro scomparto al ds., nervi, sguardie in carta marmorizzata, testo in corsivo romano.

Minime mancanze ai tass., sguardie lievemente sbiadite, fioriture e arrossature diffuse, taglio sup. lievemente rifilato, etichetta di bibl. privata appl. alla sguardia post.

 

Full parchment binding with gilt title engraved into gilt border engraved on red leather title-piece tipped into compartment on the spine, gilt name of the Author engraved into gilt border engraved on green leather title-piece tipped into compartment on the spine, ribbs, end-leaves on marbled paper, text in Roman Italic.

Some missing on title-pieces, end-leaves a little bit faded, foxing, top edge slightly cropped, private library label tipped on back end-leave.

 

Reliure pleine parchemin avec titre en or gravé dans cadre gravée en or sur pièce de titre en peau rouge rapportée dans entre-nerfs au dos, nom de l’Auteur en or gravé dans cadre gravée en or sur pièce de titre en peau verte rapportée dans entre-nerfs au dos, nerfs, feuilles de garde en papier marbré, texte en Cursif Romain.

Menus manques aux pièces de titre, feuilles de garde en petit peu fanés, feuilles rousselés, rousseurs, exemplaire court de tête, étiquette de classement privé rapportée au feuille de garde du deuxième plat.